Vi siete persi gli ultimi sviluppi nella questione della cessione dei crediti fiscali? Volete capire in che misura il retail è stato coinvolto o, meglio ancora, come dovrà cambiare il vostro modo di vendere?
Iniziamo con un riassunto delle puntate precedenti
Prima del Superbonus.
Da decenni chi acquista determinate categorie di beni durevoli e servizi collegati, soprattutto nel settore immobiliare, arredo ed Eldom, ha la possibilità di detrarre dalle imposte Irpef che dovrà pagare una parte della spesa affrontata (generalmente il 50%).
La detrazione deve però essere ‘spalmata’ nell’arco di 10 anni. In pratica un contribuente che ha speso 6.000 euro detraibili al 50% pagherà 300 euro di tasse in meno ogni anno per 10 anni.
Queste misure (che pure incidono sulle entrate fiscali del Paese) sono efficaci nel promuovere certi acquisti? Tutto sommato no, non lo sono e servono poco anche a spingere il consumatore a spendere più di quello che pensava inizialmente. Per quali ragioni? Perché l’iter burocratico necessario è complesso (e occorre ricordarsi di apportare la detrazione ogni anno conservando (per 20 anni dall’acquisto!) e allegando la documentazione). Inoltre chi trae il proprio reddito da affitti, dividendi o cedole on può operare la detrazione. La ragione principale però è che il consumatore al momento dell’acquisto è concentrato sulla spesa e sull’oggi e non sulla ‘gallina domani’ cioè sui vantaggi che trarrà dall’acquisto nel futuro.
La cessione del credito e lo sconto in fattura.
Per questa ragione ha avuto un enorme successo il meccanismo della cessione del credito fiscale. Una serie di ‘bonus’ (primo fra tutti il famoso ‘Ecobonus 110%’ hanno permesso di
* effettuare la detrazione in una sola soluzione e di
* cedere questo diritto al venditore
* renderlo cedibile a sua volta a terzi
A fronte di una spesa di 6000 euro quindi il consumatore riceveva un credito di 3000 euro (se al 50% e addirittura di 6000 e più euro se al 100% o oltre) che veniva ceduto al venditore. In quel modo poteva ricevere uno sconto in fattura o non pagare proprio nulla.
Non sorprende che questa opzione abbia sì dato una spinta agli acquisti, per esempio di pompe di calore o di elettrodomestici a basso consumo se acquistati nell’ambito di una ristrutturazione.
Il successo di queste misure (soprattutto nel settore edilizio) ha creato però una vera circolazione monetaria parallela, perché il venditore cedeva questo ‘diritto’ a un terzo e incassava (al netto di una commissione) l’equivalente in euro. A sua volta questi poteva cedere il diritto a un altro operatore e così via.
Inizia la frenata
A fine 2022 il Governo ha cercato di arginare il fenomeno consentendo una sola cessione del credito e limitando a pochi operatori qualificati il diritto di utilizzarli.
Questi operatori, principalmente le banche, hanno però esaurito la loro capienza. Se una banca pensa di pagare 200 milioni di imposta non può acquistare fatture detraibili per 250 o 300 milioni. Il gioco quindi si è fermato con guai seri per le aziende che avevano finora incassato nel migliore dei casi il 50% della loro fattura e non trovavano nessuno disposto a rilevare il loro credito nei confronti del Fisco.
D’altra parte anche il Governo si è accorto che questi Bonus stavano riducendo in modo sensibile gli introiti fiscali attesi quest’anno. Si è aggiunta Eurostat, braccio statistico della Commissione Europea che ha imposto di considerare come debito l’intero importo potenziale dei bonus, che fossero o meno presentati.
Il Governo aziona il freno di emergenza
Il 16 febbraio il Governo ha emanato un decreto che ha interrotto da un giorno all’altro la cedibilità dei crediti fiscali. Una soluzione che ha creato tre ordini di problemi:
1) come risolvere la situazione che si era creata ben prima del decreto cioè la fine della capienza fiscale delle banche e quindi la incredibilità de facto dei crediti stessi
2) come gestire i consumatori ‘a metà del guado’ che avevano già ricevuto e magari anche pagato una fattura scontata a fronte di lavori non ancora iniziati.
3) come evitare un crollo della domanda nei settori più impattati dai bonus.
Le discussioni sono in corso: tutte le Associazioni di categoria stanno cercando di far sentire la loro voce e le bocce non sono ancora ferme. Tuttavia l’ipotesi più probabile è che
I crediti fiscali già maturati e approvati potranno essere ritirati dalle banche e utilizzati a fronte degli F24 della clientela. In pratica il contribuente che deve pagare per qualsiasi ragione una somma al Fisco la pagherà in Banca. La Banca incasserà la somma e verserà al Fisco al suo posto una quota dei crediti fiscali ritirati.
Per chi rimane a metà del guado probabilmente si accetterà la cessione di crediti a fronte delle fatture messe (o solo di quelle pagate) prima del 16 febbraio.
Cosa succede ora: a Roma…
E il futuro? Forse il meccanismo della cessione dei crediti resterà in opera per categorie marginali come gli incapienti o per le operazioni di minor importo. Dopotutto è la combinazione fra Bonus facciate, Ecobonus 110 e Sismabonus che ha portato alla situazione attuale non gli incentivi per la sostituzione di elettrodomestici o mobili.
Non è però lo scenario più probabile al momento.
… e sul punto vendita
La soluzione vera per il futuro non nascerà dai palazzi del Governo o del Parlamento ma dal… punto vendita. Occorrerà orientare il consumatore in una visione di lungo termine concentrando la sua attenzione sui vantaggi che otterrà per tutti gli anni a venire dall’acquisto di un apparecchio che consuma meno energia, spreca meno cibo, richiede meno acqua o minore pulizia. In questo contesto la detraibili scaglionata su 10 anni trova una perfetta collocazione, la vera ciliegina su una torta che deve essere confezionata però dagli addetti alla clientela e dagli store manager.
© RIPRODUZIONE RISERVATAIn caso di citazione si prega di citare e linkare progettocucinabiz.it