Alla fine di settembre si è concluso il seminario generale annuale di GfK Eurisko che quest’anno ha toccato il tema della capacità di “Saper vedere oltre la crisi”. La premessa fondamentale è oggi che “necessitano più bussole. Bussole che debbono contribuire concretamente a indirizzare lo sviluppo della cosiddetta Smart Society, allontanandoci dall’utopia della decrescita felice, ma anche dalla distopia della società dei consumi”. In questa direzione il seminario ha parlato di nuovi bisogni e di nuovi consumi, “che non sono puramente materiali o immateriali, ma una sintesi di prodotti/esperienze sulla base dei desideri di ‘secondo tipo’, cioè istanze che richiedono aggregati di più funzioni capaci di costruire proposte mirate per il singolo specifico individuo, un individuo che per l’appunto non vuole sentirsi massa”. Sul fronte dell’individuo l’istituto di ricerca ha misurato con Sinottica l’indice di benessere e soddisfazione personale (IBS) verificando che continua ad abbassarsi e “ciò in relazione all’impatto delle crisi (non solo economiche) che creano insicurezze su vari fronti e che si espandono a macchie sempre più larghe. Queste insicurezze si traducono poi nella necessità di un ‘nuovo’ equilibrio fra il sé e gli altri da cui nascono i nuovi paradigmi di consumo, precisano i ricercatori di GfK Eurisko: “Parliamo di evolute culture di consumo che articoliamo in quattro polarità: il polo dell’opportunità, che si sostanzia nell’offerta di qualità ai prezzi e ai costi percepiti come più convenienti; il polo della relazione, che si traduce in scambi e legami fiduciari tra l’individuo e il mondo dell’offerta; il polo dell’esperienza, che significa godimento e arricchimento delle sensazioni e sinestesie alla base delle esperienze di consumo; il polo della sostenibilità, che dovrà sempre più favorire consapevolezze riflessive sulle conseguenze economiche, sociali ed etiche delle scelte di consumo”. Tutto ciò inevitabilmente ha un impatto sul ruolo e i valori attribuiti alla marca: “I dati che provengono dalle nostre ricerche periodiche ci dicono che le marche non sono più in grado di essere la (o una delle) soluzione per uscire dalla crisi. In questi frangenti la marca deve essere al contrario in grado di intercettare e interpretare bisogni che abbiamo appunto chiamato del secondo tipo o di secondo livello, sintetizzabili in percorsi come quelli della tracciabilità, della trasparenza, dell’efficienza, della responsabilità, della naturalità, della leggerezza”. Ne consegue la tendenza a valorizzare sempre più i punti contatto dell’esperienza, confluendo verso la cultura di prodotti/servizi disegnati (o percepiti) ad personam. Non mancano esempi. Uno fra i tanti citati al convegno è quello del Magnum Pleasure Store di Milano dove ci si è sbizzarriti nel proporre gelati confezionati ad personam, in relazione agli specifici desideri.
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