“Il commercio ha bisogno di un calo dei prezzi di vendita e di locazione”

Immobiliare e retail. Un campo di gioco dove la partita si è fatta via via sempre più dura e si gioca su diversi livelli, non solo per la battuta d’arresto dei consumi (in calo del 4% il non food nei primi 8 mesi dell’anno secondo i dati Confimprese Lab-Nielsen), “ma anche perché i retailer, soggetti alla logica finanziaria che caratterizza il mondo immobiliare, sono schiacciati da costi di affitto e spese di gestione non più sostenibili, a cui si aggiungono incrementi di costi del personale per far fronte alle aperture domenicali e festive, opportunità irrinunciabile perché proprio nel week end si concentra buona parte del fatturato”. In quest’ottica si è inquadrato lo studio realizzato da Scenari Immobiliari per Confimprese, sulla base del quale Mario Resca, presidente Confimprese ha dichiarato: “«La crisi dei consumi evidenzia come il commercio sia in grado di determinare il livello qualitativo delle città. Il mercato immobiliare risente pesantemente del calo di volume delle vendite e della contrazione dei flussi di cassa: la redditività è diminuita e la situazione patrimoniale ha subito un deprezzamento. Per la maggior parte dei retailer gli ultimi dodici mesi sono stati caratterizzati da una revisione dei contratti di locazione, alla ricerca di condizioni più vantaggiose”. Alla luce di tutto ciò Resca reputa che per uscire dalle ‘secche’ della crisi bisognerebbe fare meglio e di più specialmente nelle piazze importanti. Dalla ricerca emerge per esempio che a Milano i prezzi medi di vendita sono diminuiti del 2,9% e i canoni di locazione si sono contratti del 7,3%, decisamente meno della media nazionale (rispettivamente dell’-1,4% e -1,3%); a Roma stessa situazione per i prezzi di vendita, mentre i canoni di locazione si sono contratti dell’8,1%. «Se tenant e proprietari degli immobili – precisa Francesco Montuolo, executive vice president Confimprese – trovassero un compromesso che soddisfi entrambi, ciò permetterebbe di sostenere il commercio, evitando drastiche chiusure di esercizi commerciali, e un ulteriore deprezzamento del valore degli immobili. La sopravvivenza di entrambi passa attraverso la maggiore flessibilità negli accordi contrattuali, che serve superare questo momento di drammatica crisi dei consumi». Sul fronte poi del commercio cittadino si riscontrano trend molto diversi: «A fronte di un’offerta di spazi in vendita o in locazione aumentata significativamente pressoché ovunque – sottolinea Clara Garibello, direttore di ricerca di Scenari Immobiliari – si evidenzia una discesa media delle quotazioni, a livello nazionale, del 4,3% nei prezzi e del 8,6% nei canoni di locazione, con conseguente contrazione dei rendimenti». In alcuni centri urbani la flessione è stata contenuta, a causa di una minore flessibilità da parte dei proprietari, spesso singoli privati, che hanno preferito lasciare lo spazio sfitto in attesa di condizioni di mercato migliori. In generale, per le grandi città la diminuzione è stata del 3,7% nei prezzi e del 7,6% nei canoni di locazione, sebbene per le posizioni prime sia rimasta sostanzialmente stabile.
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