Giancarlo Perbellini: al ristorante come a casa

Questa la filosofia dello chef pluristellato, anche dal punto di vista degli spazi e del design, tanto che a Casa Perbellini, come spiega a Progetto Cucina, ha abolito pareti e distanza tra sala e cucina per agevolare la comunicazione con i clienti
Lo chef Giancarlo Perbellini

Di seguito un estratto della intervista apparsa sul numero di luglio di Progetto Cucina
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Giancarlo Perbellini, chef pluristellato intervistato da Francesca Amè  per Progetto Cucina, parla  da un cantiere in corso d’opera a Verona, la sua città. Lo chef sta organizzando il trasloco di Casa Perbellini da piazza San Zeno a vicolo Corticella San Marco, a un passo da piazza delle Erbe, nel mitico locale 12 Apostoli, reso celebre da Giorgio Gioco e tempio della ristorazione italiana, dove lo stesso chef Perbellini aveva mosso i suoi primi passi. «Avevo appena 19 anni: un periodo indimenticabile, in cui ho imparato tutto», ricorda il cuoco scaligero.

Una bella sfida, rilevare un locale di questo genere.

Decisamente. Avevo già tentato di farlo un paio di volte ma non c’erano le condizioni. Ora sono felice di Francesca Amè che tutti i limiti strutturali, che mi hanno sempre impedito in qualche modo di esprimermi al 100% a Casa Perbellini, non ci saranno più.

Come adeguerete l’ambiente?

Arricchiremo il ristorante di ulteriori spazi e creeremo una zona dedicata all’accoglienza degli ospiti. Prevediamo anche una sala a uso esclusivo di eventi privati. Guadagneremo circa una decina di coperti. Lo spirito, però, rimarrà quello di una cucina di casa.

Che cosa intende?

Il design sarà intimo, accogliente e la cucina resterà a vista: questo è lo stile di Casa Perbellini.

Perché questa scelta?

Quando abbiamo iniziato a far mangiare i clienti dei nostri ristoranti all’interno di una cucina, in tanti sono rimasti sorpresi. Questo è stato il nostro tratto fin dall’inizio: trattare i clienti, anzi gli ospiti, come se fossero di casa. I primi anni apparecchiavamo anche sul momento, come si fa nella propria abitazione. Ultimamente, specie dopo il Covid, abbiamo cambiato alcune abitudini: ora apparecchiamo prima che gli ospiti si siedano, ma sparecchiamo quando hanno terminato. Tutto questo crea una sensazione di vicinanza, di prossimità, di intimità che per me è fondamentale.

A Casa Perbellini la cucina ‘guarda’ la sala e viceversa: gli ambienti sono aperti.

Ho abolito i muri e valorizzato la comunicazione. Anche per questo io ci sono sempre: come farebbe un padrone di casa con i suoi ospiti personali. La scelta di avere un locale ‘aperto’, di mangiare in cucina non è solo una scelta spaziale, ma di senso, e nasce da un mio desiderio profondo.

Quale?

Volevo raccontare a tutti che cosa c’è ‘dietro’ a un ristorante, dietro a ogni piatto che viene servito. Volevo poi abbattere le distanze: tra noi e i clienti non c’è neanche un metro. Questa prossimità fisica, questa condivisione così unica di spazi, non genera qualche tensione o preoccupazione mentre lavorate? Inizialmente, non è stato facile per il personale di sala accettare questa nuova organizzazione del luogo. Con il tempo tutti hanno capito che comporta enormi vantaggi. Tutti noi, sia chi sta in cucina sia chi è in servizio ai tavoli, siamo concentrati sul cliente. E poi, per lo chef, c’è il piacere di vivere in diretta le sensazioni che un nostro piatto suscita.

Come si diventa chef pluristellati, riconosciuti e apprezzati come lei?

Non c’è una ricetta unica. Direi che gli ingredienti fondamentali sono la passione e la determinazione. Serve un’abnegazione totale, compensata però da enormi soddisfazioni. 

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