È stata una doccia gelata l’atteso incontro fra il management di Beko Europe e le parti sociali tenutosi il 7 novembre presso la sede del Ministero dell’Industria e del made in Italy in via Veneto a Roma alla presenza del ministro Adolfo Urso.
Durante l’incontro, alla presenza del Ceo Ragip Balcioglu, Beko Europe ha presentato una panoramica delle sfide strutturali che le sue operazioni devono affrontare in Italia, nonché una sintesi delle dinamiche più ampie del settore. Questi includono: un marcato rallentamento della domanda di consumo in tutta Europa, una maggiore concorrenza da parte degli operatori del mercato asiatico, performance aziendali negative nonostante i forti investimenti storici e la sovraccapacità strutturale in Italia.
Le dichiarazioni esplicite di Beko (“la presenza end-to-end di lavanderia e refrigerazione sarà ulteriormente valutata per evitare ulteriori perdite di cassa”) e quelle implicite anno confermato i peggiori presagi dei sindacati e degli Enti locali. Visto che i settori freddo e lavaggio sono in rosso sistematico la “presenza” di Beko Europe in Italia andrà “ulteriormente valutata” per “evitare altre perdite di cassa”.
In pratica le uniche attività che Beko Europe ha ufficialmente ‘salvato’ citandole nel comunicato emesso al termine dell’incontro sono il design industriale per tutto il gruppo, la cucina (compresa ricerca e sviluppo) e il centro di Carinaro (ricambi e ricondizionamento).
Insomma dopo aver ufficialmente annunciato la chiusura di’ stabilimenti in Polonia e dell’unico impianto del gruppo in Regno Unito, ora i riflettori sono puntati sull’Italia dove Beko ha 4.400 dipendenti che superano i 5 mila con gli interinali.
In discussione ci sono in particolare la storica linea del freddo a Cassinetta di Briandronno (ma non la linea dedicata a forni a incasso e microonde); l’intero stabilimento di Siena (dedicato alla poco venduta categoria dei congelatori a pozzetto) e il sito di Comunanza impegnato nella produzione di lavatrici e lavasciuga, prodotti anche negli impianti di Beko in Turchia e in quello che fino alla fusione era l’unica presenza industriale di Beko in Europa: l’impianto di Ulmi.
In totale, secondo le fonti di stampa che hanno seguito l’evento, in pericolo ci sono almeno 1000 posti di lavoro tra i 4.400 dipendenti in Italia, esclusi gli interinali.
I grandi assenti; piano industriale e golden power
Beko Europe però non ha presentato, come era stata richiesta, un vero piano di azione. Il ministro Adolfo Urso, che ha quindi “invitato l’azienda a presentare a breve un piano industriale” che “preveda maggiori investimenti” in Italia per “scongiurare la chiusura di stabilimenti”, anche usando gli strumenti previsti dall’esecutivo per “gestire al meglio eventuali ridimensionamenti occupazionali e produttivi”.
In pratica le uniche attività che Beko Europe ha ufficialmente ‘salvato’ citandole nel comunicato emesso al termine dell’incontro sono il design industriale per tutto il gruppo, la cucina (compresa ricerca e sviluppo) e il centro di Carinaro (ricambi e ricondizionamento).
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