Andrea Federici: cosa non piace a un designer di cucine

È un designer e vanta una lunga serie di collaborazioni con noti brand del mondo kitchen e degli accessori, ma anche direttore creativo e progettista di spazi espositivi. È Andrea Federici, classe ’81, che racconta la sua grande passione per questo settore
|Andrea Federici

L’edizione integrale di questa intervista è stata pubblicata sul  numero di gennaio-febbraio di Progetto Cucina La versione digitale è disponibile su Apple Store Google Play.  Altrimenti  scarica il pdf qui!

Quando ci incontriamo, la prima cosa che Andrea Federici, classe ’81, designer e direttore creativo, racconta è la passione che ha per il mondo della cucina: “Un vero e proprio colpo di fulmine”, lo definisce, che l’ha portato anche ad avviare, nel tempo, collaborazioni con aziende di subfornitura e accessori per dedicarsi ancora più in dettaglio allo studio del particolare.

Partiamo dagli esordi… Come è iniziata questa passione per il mobile da cucina?

È iniziata tanti anni fa con Scavolini, subito dopo essermi laureato al Politecnico di Milano. Arrivavo con un discreto bagaglio di esperienza nel settore del mobile e del componibile, avendo collaborato con diversi brand di arredobagno e ufficio. Ma l’incontro con il mondo della cucina è stato un colpo di fulmine, trasformatosi in breve tempo in una grande passione, al punto di avviare anche collaborazioni con diverse aziende di subfornitura e accessori per dedicarmi ancora di più allo studio del particolare.

…un mondo affascinante quello della subfornitura, certamente più celato rispetto al mobile, ma essenziale per la riuscita di un progetto… 

Sì, e ad appassionarmi è la sua componente tecnologica che, stabilendo un legame indissolubile con quella per l’arredo, è andata a dare forma a un’idea di progetto integrato che oggi rappresenta la base del mio approccio.

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Lo showroom progettato da Andrea Federici presso la sede di Arredo3 a Scorzè

Qual è la sua visione progettuale?

La mia direzione va verso il raggiungimento di una coerenza progettuale, verso la definizione di un linguaggio ‘coordinato’ di prodotto: di idee, di contenuti tra loro concordi. La mia visione, la mia filosofia rispetto al progetto – che si tratti di ambiente, di arredo o di complemento, componente, accessorio – è una. Ogni progetto si origina da riflessioni che condividono gli stessi concetti di base. Mi ispiro molto alla lezione di Bruno Munari, che diceva: “Osservare a lungo, capire profondamente, fare in un attimo”. In generale, vorrei elaborare un mio linguaggio progettuale autonomo e identificativo di questa visione e generare poi progetti che vi rimangano allineati. La direzione che sto cercando di prendere è più introspettiva e meno condiscendente nei confronti del mainstream del mercato.

Cosa intende dire ?

Non amo quando mi viene chiesto di progettare qualcosa seguendo le tendenze, a meno che non
ci siano dietro delle motivazioni particolari e degli obiettivi chiari.

Cosa non le piace?

Non mi piace seguire le tendenze perché ‘seguire’ implica sempre che qualcuno è arrivato prima. E a volte non sappiamo nemmeno ‘chi’, perché spesso nel settore del mobile le tendenze non vengono delineate dai creativi o dai brand come avviene nell’ambito del fashion, ma prendono origine da dinamiche occasionali. Rispetto a questo io preferisco dedicarmi, insieme ai miei clienti a delle riflessioni che tengano conto delle tendenze in maniera non essenziale, e rivolgere le nostre energie allo sviluppo di un nostro punto di vista autonomo, che possibilmente ci consenta di arrivare primi su dei concetti e quindi, quando possibile, di restituire al mercato delle idee originali.

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