La cucina racconta come siamo cambiati, e viceversa

Progetto Cucina intervista Loredana La Fortuna, socio-semiologia del design

La versione integrale di questa intervista, pubblicata sul numero di maggio-giugno di Progetto Cucina, è disponibile on line a questo indirizzo

Dice Loredana La Fortuna: “Sono socio-semiologa del design, ma non mi definisca così che sembra una parola spaventosa: diciamo che sono una studiosa di design e mi interessa molto il modo in cui ha influenzato la società. La cucina, poi, è uno dei miei luoghi preferiti per questa indagine. Ho dedicato a lei anche la mia tesi di dottorato”. Docente e scrittrice (La cucina di design. Cibo, tendenze, moda per Progedit e È una questione di design: il senso degli oggetti nella cultura, pubblicato da Meltemi) risponde al telefono da Bari.

In Italia lei è tra coloro che hanno maggiormente approfondito il rapporto tra gli oggetti e la società. Come mai la cucina è il suo spazio preferito in casa?
Non certo perché so cucinare (ride), anche se in Puglia la cucina è una forma altissima d’arte. Mi affascina questo ambiente perché, come hanno detto altri studiosi ben prima di me, studiarne l’evoluzione è come scrivere un vero e proprio trattato di antropologia. Studiare l’evoluzione delle nostre case, della cucina in particolare, è come scrivere un vero e proprio trattato di antropologia. Perché i suoi arredi e gli strumenti tecnologici che la popolano, nel tempo, hanno contribuito a trasformare la società. E ancora lo faranno in futuro

Il design ha conseguenze così importanti sulla nostra società?
Dipende da che cosa si intende per design, parola intraducibile in italiano. Il design è disegno, progettazione, idea, oggetto. Design è quella operazione che l’essere umano mette in atto per appropriarsi del suo habitat naturale, trasformandolo, creando oggetti che lo aiutano a vivere e a stare al mondo. E questi oggetti sviluppano e stimolano a loro volta pratiche nuove e nuovi stili di vita e, con essi, anche nuove problematiche. Facciamo un esempio: pensiamo a come sono cambiate le nostre case da quando vi è entrata la tv. La Rai compie i suoi 70 anni quest’anno. Se ci fermiamo a riflettere, appare evidente come la televisione abbia finito per connotare gli ambienti di casa, segnalare la stanza di ritrovo d’elezione, quella in cui condividere una visione. Questo accadeva agli inizi, quando di apparecchio in casa ce n’era solo uno e non esistevano altri schermi.

E in cucina, invece, che cosa è successo?

La cucina è il luogo della casa in cui da sempre l’uomo trasforma ciò che è naturale in un artificio, il cibo cucinato, ovvero l’unico manufatto che noi ingeriamo, in una connessione inedita tra ciò che noi siamo e il mondo esterno. Quindi abbiamo questa cucina che, simbolicamente, è un luogo alchemico, un posto magico. Ma non solo. La cucina è anche il luogo del consumo: è lo specchio della società. La prima grande rivoluzione avviene in Inghilterra, alla fine dell’Ottocento, con le cucine in ghisa che dimezzano i tempi di lavoro. Pochi anni ancora e la rivoluzione industriale in America cambia anche la cucina: bisogna razionalizzare gli ambienti, come si fa in fabbrica, e creare un unico piano per rendere le operazioni della donna di casa più semplici, meccaniche. In Europa dobbiamo aspettare il Dopoguerra per vedere trasformate le vecchie cucine patronali, a volte su due piani e scomodissime, in cucine ‘moderne’, create a ferro di cavallo in un unico ambiente dove la donna si muove come una prima attrice sulla scena. E negli anni Cinquanta per la prima volta la cucina è collegata con una porta scorrevole: si apre al resto della casa.

Vuoi leggere l’intera intervista? Scarica l’intero numero di maggio giugno di Progetto Cucina

© RIPRODUZIONE RISERVATA
In caso di citazione si prega di citare e linkare progettocucinabiz.it